L’Expo delle favole

(comunicazione, illusionismo)

 

Lo spot ufficiale dell’Expo 2015 mi dà un senso di spaesamento. Ma è veramente possibile, mi chiedo, che stiano parlando del cibo – del cibo, dico – come se fosse qualcosa che hanno scoperto loro? È veramente possibile, mi chiedo, che parlino del cibo, cioè della base della sopravvivenza biologica, come se fossero loro a dargli valore in quel momento? Come se il cibo che ci fa campare dovesse assumere significato, visibilità e rilevanza, solo nell’istante in cui proclamano loro l’eclatante equazione tra cibo e vita, con gli accenti di una nuova scoperta scientifica o di una fervida rivelazione religiosa? “Il cibo è vita” – ovvietà che si potrebbe predicare dell’aria o dell’acqua con lo stesso ridicolo – è lasciato cadere dall’alto, alla fine di un’escalation di aggettivi, come una didascalia per bambini, con sussiego appena dissimulato da una calcolatissima dolcezza. In verità deve arrivare come una proposta che non si può rifiutare – perché qui in ultima analisi di commercio e partite doppie si tratta, non di filantropia. Mi rattrista molto che lo stimato Antonio Albanese, con entusiasmo incomprensibile, abbia concesso la sua mano a questo irritante annuncio dell’acqua calda, che è anzi molto peggio perché senza acqua calda si può vivere.

Per quanto ne so, lo spot Expo 2015 è il colmo dell’assurdità cui si è arrivati a forza di sostituire le parole ai fatti con la cosiddetta comunicazione, la pratica dei titoli roboanti studiati allo scopo di distogliere dall’assenza della notizia. Mentre l’Expo delle favole ci incanta sulle incredibili virtù del cibo, l’Expo reale è una ennesima fucina di magagne, di corruzione e di sprechi che nelle sue stesse arcaiche modalità di realizzazione – improntate a mania di grandezza e sfoggio industriale, come cent’anni fa – contraddice e stronca la propria moderna missione di sfamare il pianeta, che ha bisogno di tutt’altri metodi e intenzioni. Aprirà e chiuderà incompleto lasciando più immondizia e più fame di prima, a cominiciare dalle 18.000 persone che vi lavorano gratis per aumentare di un altro po’ la distanza tra poveri e ricchi, anch’esse preda dell’incantesimo come Albanese.