Galimberti e Technè
(lideologo, linguaggio, politica)
Il filosofo Umberto Galimberti, in una discussione con Edoardo Boncinelli (E ora?, Einaudi), riassume così la tesi del suo Psiche e Techne: la Tecnica da serva dell´uomo ne sta diventando padrona, in quanto se essa è il mezzo per arrivare a qualsiasi cosa allora diventa il fine primario.
Il sillogismo è indiscutibile. Ma Galimberti (come tanti filosofi, del resto, e peggio i loro più opachi epigoni) sbaglia a soggettivare la tecnica a quel modo. E´ probabile che la lunga dimestichezza con lo studio della mitologia inclini a formulare sin dall´origine pensieri e teorie in quella forma: e così ne viene fuori una teoria che sembra scritta l´altroieri da Ovidio, mentre il titolo del saggio è più greco di una tragedia greca.
Mettere al centro del palcoscenico la Tecnica come nome collettivo con la maiuscola, rappresentante tutte le tecniche, è tanto facile e suggestivo quanto fuorviante. Le varie tecniche formano una struttura dalla ricca dialettica interna, potendo servire l´una a compensare e a modificare l´altra.
G fa l´esempio del papa, di come oggi egli sia costretto a servirsi dei media per estendere il suo apostolato, e quindi ad accettare le regole che i media impongono sul suo messaggio, a spettacolarizzare la fede, in parte snaturandola. L´esempio però chiama in causa solo alcune delle tecnologie mediatiche, non tutte. Quelle surrettiziamente escluse dal discorso, invece, starebbero in opposizione dialettica con quelle citate e ne nascerebbe un bel gioco evolutivo a cui si può certo tentare la sorte – purché te lo permettano, naturalmente. Ma a G non va di giocare.
Ora, il papa può benissimo mettersi a disposizione via posta elettronica come Natalia Aspesi, se vuole, o anche accettare SMS, oppure fare un accordo con la Sony per inserire dei brevi filmati pastorali all´accensione della PlayStation: tutt´altre faccende rispetto alla classica seratona in mondovisione che ha in mente G, altri veicoli che inducono altre modificazioni e portano vantaggi e svantaggi del tutto differenti. Quindi se il filosofo dice ‘media’ collettivamente riassumendo le diverse tecnica in una idea sola, si prende la responsabilità di seppellire la parte più viva e interessante della faccenda.
Peraltro, come sarebbe da valutare il fatto che il papa per andare a visitare le sue genti prende l´aereo o l´automobile? Cosa comporta questo suo “utilizzo delle tecniche”? Non è anche questa una “subordinazione deformante” come l´impiego della tv? A maggior ragione, qui appare grande l´errore introdotto con la generalizzazione delle tecniche nella unica Tecnica. Questa semplificazione è il primo passo che porta a pensare la Tecnica come fosse un soggetto pensante e agente. E a crederci, senza ritorno.
Va bene, e con ciò? Che il filosofo pensi quello che vuole. Dov´è il problema?
Il guaio è che la soggettivazione dei concetti porta sempre il solito gravissimo contraccolpo: allontanare i problema dalle responsabilità degli uomini. E’ come un filtro d´amore, come una fattura apotropaica, come un rito voodoo.
Dal discorso di Galimberti infatti emergono solo concetti. Dove sono gli uomini reali – l´onorevole, il cavaliere, l´amministratore delegato, il presidente, il responsabile, l´opinionista – che invece sono le vere parti in ogni causa, i soggetti reali, coloro che manipolano, coloro che decidono, coloro che intascano? Quelli bisogna criticare o approvare. Il nostro primo punto non è il feuilleton della disputa tra figure retoriche come Psiche e Techne, meno appropriata di duemila anni fa, bensì l´assai concreta politica della spesa, della ricerca e dell´informazione.
Dicevo prima: posso giocare con tecniche alternative se me lo permettono. Ecco lo snodo dove si materializzano le persone reali. Se qualcuno non concede fondi alla ricerca sulle propulsioni ecologiche perché gli interessi stornano altrove, se qualcun altro non dispone le condizioni per la diffusione delle smartcard o della telecertificazione, se altri bloccano ogm studiati per sopravvivere a terreni inquinati in zone di fame, se il darwinismo è messo fuori legge, se si fa d´ogni erba un fascio secco ornamentale, si vede bene che il problema non sta nel parco di tecniche possibili ma nelle mani di chi ha capacità di scegliere cosa tra queste tramutare in realtà e cosa no. Il resto sono solo fantasmi per insonnie di luna piena.
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