Ma quale responsabilità

(illusionismo, politica)

Mai come dopo le ultime elezioni politiche e durante queste larghe intese ho sentito pronunciare tanto ossessivamente la parola responsabilità.

Coloro che hanno scelto di allearsi con l’avversario di sempre, lo stesso che avevano condannato e vituperato senza mercè in ogni occasione, si giustificano dicendo: “Lo facciamo per responsabilità verso il Paese”. Nella mischia di rimproveri, sorrisi e ultimatum che ne è seguito, ancora in corso, ciascuno per minacciare l’altro usa la formula: “Se fanno questo se ne assumeranno la responsabilità”. Persino una giovane parlamentare come Marianna Madia ha fatto suo questo concetto di responsabilità, sentenziando: “bisogna farlo per l’Italia”.

A logico rincalzo, tutti accusano di mancanza di responsabilità quelli che hanno scelto di non allearsi con gli avversari dichiarati. Così il governo della nostra – per parafrasare i tedeschi – Grossolana Coalizione, assediato dal Movimento 5 Stelle come dalla nemesi tangibile del suo paradosso, ha spostato significativamente la linea di confine. Dalla vecchia distinzione tra sinistra e destra si è passati alla distinzione tra chi accetta i compromessi della cosiddetta realpolitik e chi non li accetta, ognuno rivendicando il primato morale. È un passaggio storico nella vita politica italiana e credo che avrà un seguito, perché la seconda classificazione è molto più utile nel mondo attuale rispetto alla prima, ormai da tempo estinta, ridotta a un puro valore nominale che anche i professionisti del settore continuano ad usare solo per abitudine.

Dato che la responsabilità è diventata la chiave di volta, la congiuntura italiana è un perfetto banco di prova per la sua consistenza, e non posso che chiedermi: di che cosa parlano quando parlano di responsabilità? Hai visto mai che la volta ci crolla in testa.

La responsabilità non è qualcosa di univoco, nella nostra società complessa. Si possono distinguere vari tipi di responsabilità a seconda del livello di astrazione.

A un livello alto di astrazione (cognitivo), la responsabilità ci lega a determinate teorie, in particolare teorie dello sviluppo economico, e ci impone di applicarle per migliorare i relativi indicatori. Chiamiamolo livello 2. Per capirci, è il livello al quale agisce la Troika.

A un livello medio di astrazione (tra il cognitivo e l’affettivo), la responsabilità ci lega a un gruppo di appartenenza, di carriera e di potere, alla sua idea di vita politica e individuale, alla sua immagine del benessere e del successo. Chiamiamolo livello 1. A questo livello agisce, ad esempio, il partito.

A un livello basso o nullo di astrazione (affettivo), la responsabilità ci lega agli altri e ci impone di mantenere le promesse, di tener fede alla parola data e ai patti, di onorare i beni comuni. Chiamiamolo livello 0.

Il connubio PD-PDL che ha dato vita al governo Letta si fonda su una responsabilità di livello 2. Dichiarando di associarsi all’avversario storico “per responsabilità verso il Paese” ci comunicano che hanno accettato eccezionalmente di cedere sul livello 1 a vantaggio del livello 2. Questo vuol dire che hanno ristretto la loro visuale della vita fino a vedere una certa teoria, il razionalismo economico neoclassico, come criterio supremo per giudicare le persone e amministrare la comunità umana. Tanto da ritenere loro massima responsabilità la diligente applicazione di quella teoria.

In questa interpretazione della responsabilità c’è una imperdonabile svista. Quale? Trascurare completamente il livello 0.

Nella frase “responsabilità verso il Paese” insieme alla responsabilità c’è il Paese. E cos’altro è una nazione se non l’intreccio dei legami tra le persone che la compongono, a prescindere dalla loro forma fisica o giuridica? Dal momento in cui le persone che abitano una nazione non sono più unite, e invece di darsi una mano si ignorano, si sospettano, si raggirano, si odiano e si combattono, non esiste più nessuna nazione, non esiste più nessun Paese. E non c’è davvero nulla che si possa responsabilmente fare con strumenti economici o normativi per un Paese che non esiste più.

È qui che i livelli di responsabilità dimostrano la loro struttura gerarchica.

Il livello 0 dà senso ai due livelli superiori, che senza di lui non esisterebbero affatto. Per questo trascurare il livello 0 è imperdonabile e nefasto. Ad esempio, un’impresa legata al suo territorio e alle famiglie dei suoi dipendenti, che si prende una responsabilità di livello 0, fa Paese in un senso molto più profondo, efficace e duraturo di un’impresa che persegue il suo profitto da manuale a livello 2 (unica responsabilità: rendere conto agli azionisti) riducendo i costi con licenziamenti, relocation e paradisi fiscali, o aumentando il fatturato grazie a conflitti di interessi, traffico di influenze, leggi ad hoc, razzie di beni comuni e mercificazione dei corpi. Questa ottima impresa di livello 2 disfa il Paese con le immense “esternalità negative” che gli fa ricadere sopra: è un micidiale Terminator che bada esclusivamente alla sopravvivenza della propria blindatissima testa. Altro che posti di lavoro. Del resto il piano individuale insegna: una persona che pensa solo al proprio tornaconto e non tiene in considerazione il punto di vista degli altri è definito un malato, una personalità antisociale, un pericolo per la comunità; ebbene, crescendo di dimensioni e passando dalla persona fisica alla più intangibile persona giuridica, il pericolo dell’antisocialità non può che aggravarsi.

Anche il livello 1 dà senso al livello 2, in quanto il razionalismo economico è esso stesso una religione di appartenenza e una armatura di potere, seppure di dimensioni globali. E va detto che il razionalismo economico è diventato così universalmente influente appunto grazie alla progressiva riduzione dei suoi mezzi conoscitivi alla matematica e ai modelli formali, con la parallela estinzione dello sguardo umanistico. Purtroppo per noi, è questa la meta ideale di tutta la modernità. La poderosa movimentazione generale verso quella meta è la forza che sta desertificando e disgregando la trama fondamentale del livello 0. Nessuno di quelli che si trovano nella delicata posizione di dare l’esempio agli altri si ritiene più in dovere di fare ciò che aveva annunciato, né mostra di credere in qualcosa di sacro e di intoccabile che appartenga a tutti: perché cambiare opinione e direzione è normale e frequentemente necessario quanto lo richiedono le forze apparentemente impersonali del mercato, o l’assestamento di certi arbitrarii indicatori.

L’attenzione generale è rivolta al livello 2 come se il senso della vita fosse lì. Lo dimostra ogni notiziario. Lo dimostra il fatto che chi persegue il proprio interesse privato, se il peso economico glielo consente, viene considerato di interesse pubblico e ottiene un’indulgenza plenaria per scorrerie che ai soggetti piccoli sono proibite. Lo dimostra a suo modo la Grossolana Coalizione, compiendosi in virtù della responsabilità astratta verso quel razionalismo economico molto lontano dagli esseri umani. Il compromesso PD-PDL, violando tutte le dichiarazioni precedenti, gli annunci e gli ideali, svuota da dentro la politica e ne fa una pura meteorologia: la gente si alza la mattina senza sapere cosa succederà, perché ciò che è stato detto il giorno prima non conta nulla. Così questo “responsabile” compromesso distrugge ulteriormente il livello 0 su cui appoggiano i livelli superiori, dov’è realmente il senso della vita. E poiché destabilizza la società civile, sfilando ai cittadini libertà sia positive che negative, toglie il terreno sotto i piedi a qualunque provvedimento di livello 1 e 2. Le parole divorziate dai fatti stanno appese a ingiallire come fiori secchi. Le persone perdono fiducia e speranza, non riconoscono più alcuna autorità e sono pronte a tutto.

La controprova della sostanziale deresponsabilizzazione del compromesso PD-PDL sta nelle false ammonizioni che ogni giorno sentiamo le parti scambiarsi: “Chi fa questo se ne prenderà la responsabilità”. Tutti sanno benissimo che nessuno si prenderà la responsabilità di nulla: né chi ha fatto il male dei cittadini, né chi glielo ha lasciato fare. Perché così è sempre successo in passato. Conosciamo i responsabili del peggioramento delle condizioni del Paese, tra coloro che hanno governato l’Italia finora; eppure essi sono sempre lì, con motti e bandiere rinnovati. Avete mai visto qualcuno punito per una sua teoria la cui applicazione ha condotto la gente alla disperazione o alla fame? Avete mai visto qualcuno punito per aver gettato soldi pubblici in grandi opere inutili, o per aver consentito la dilapidazione di patrimoni industriali come Telecom e Alitalia? Guardate Alfano oggi e tenete a mente la scena: egli può tranquillamente predicare che la TAV è un’opera meritoria che ci migliorerà la vita, tanto nessuno mai lo metterà alla sbarra quando sarà ormai chiaro a tutti che la TAV fu una emerita sciocchezza; lui sarà in altri cieli. Non c’è deterrente che imponga a costoro una ponderazione delle parole e dei gesti. Possono dire quello che vogliono, tanto il massimo che può capitare loro – ed è un castigo raro – è di non essere rieletti.

Ecco dunque la responsabilità di cui parlano in questi giorni: una ennesima parola vuota, una ennesima truffa ai nostri danni. Ultima erede di una cultura dell’astrazione, fatta di frammenti funzionali isolati, nella quale nessuno è responsabile del processo complessivo, cioè del significato, in quanto si occupa al più della piccola porzione di sua competenza. Così vanno le cose al livello 2, artefatto proprio per escludere il più possibile il fattore umano, e quindi la responsabilità. Il livello 2 non è vincolante per sua natura. È il kindergarten dell’élite, il luogo per ameni giochi di società che non hanno conseguenze reali per i giocatori, pur avendone, e molto serie, per tutti noialtri. Almeno così si illudono i giocatori, finché la massa si mantiene non violenta. Ma quanto durerà ancora se cresce la nostra fame di responsabilità reale, dell’esempio di persone che fanno quello che dicono?

La responsabilità verso il Paese adesso è una sola: la ricostruzione della fiducia. Livello 0.