One Hundredth Life
(digitale, miti d'oggi)
100th Life, il centesimo livello della ziqqurat virtuale: è l’incredibile meta che Zap Crabe, animatore del gruppo attivista ENLARGE YOUR POEMS, ha ieri apertamente annunciato. «Andrò nel punto dove il cerchio virtuale si chiude su se stesso. Vi dimostrerò le mie ragioni. A costo di perdere il senno.»
No, questo non è Grand Theft. È ancora Zap Crabe, la riccia nuvola afro sulla testa, la montatura nera pesante con lenti da vista vecchia maniera, il cipiglio duro e pensieroso, shorts e camicia bianca, niente bottoni, favella fulminante: the Great Advocate fa parlare di nuovo di sé e fa ripensare alle strade percorse. Da tempo massimo difensore della necessità di un equilibrio tra reale e virtuale, tra tradizione e innovazione, avversario indomito delle visioni semplicistiche e parziali del futuro, Crabe aveva lanciato il thread giusto un anno fa davanti al quartier generale della Newancer, l’allora appena costituito braccio marketing e finanza dei Linden Labs, celeberrimi creatori di Second Life. Sotto quelle volte trasparenti aveva proclamato un patto di non belligeranza con gli «uomini a bit»; a sancirlo, il suo progetto di una rete di comunicazione da costruirsi completamente dentro SL, fino a poco prima il primario obiettivo dei suoi strali velenosi. Una tregua che aveva stupito molti e aveva portato lo scompiglio fra i suoi vecchi compagni di dissidenza. Molti si erano tolti di mezzo, tornando all’oscurità dell’hacking; Brittany Numbers gli aveva pubblicamente dato del traditore. Non immaginavano di quanta sottigliezza fosse capace il vero piano di Crabe, che come un tarlo si insinuava nel cuore del suo nemico a corroderne il senso da dentro.
Falsa pacificazione. Il primo atto di Crabe era in due mosse. Prima sfruttare il desiderio di somiglianza di SL con il mondo fisico, e la sua essenza di opera di programmazione, per riprodurvi all’interno una Second Internet, una grande rete informatica globale con linguaggi, protocolli, host e terminali, del tutto analoghi a quelli dell’internet ma realizzati interamente all’interno di SL. L’obiettivo/scusa era fornire ai residenti la possibilità di interconnettere i loro avatar tramite computer virtuali, replicando quello che succede nel mondo reale. Perché non regalare anche agli avatar l’esperienza-chiave attraverso cui la gente ha accesso a SL, e il vasto corollario di opportunità che ne deriva? Dal ventre molle di questa idea suggestiva, Crabe apriva così una porta magica dentro SL; e oltre quella porta si spalancava un nuovo mondo, anzi una fuga di mondi ulteriori, l’uno dentro l’altro. Al momento, però, in pochi l’avevano intuìto.
Prendendo piede la Second Internet e generando essa un larghissimo seguito di applicazioni, con l’inevitabile scorta di learning e marketing dedicato, Crabe poteva passare alla fase due. Con abile scelta dei tempi istruiva gli avatar del suo collettivo a creare una Second Life nella Second Internet: nasceva Third Life.
L’operazione Third Life aveva fatto una grande sensazione e sollevato ondate di articoli e servizi entusiastici che per mesi avevano lodato eccitati l’iniziativa, o l’avevano denigrata aspramente come una insensata sciocchezza. Si trattava di una sperimentazione estrema di social networking di secondo grado che non poteva non scatenare un commentario eccezionale. La blogosfera in subbuglio, i media a rincorrere affannati il fenomeno, l’industria che trovava un nuovo punto di sfogo per la comunicazione commerciale. Nel mezzo di tutto il putiferio, serafico Crabe piantava i semi di una regressione ad infinitum. Gli avatar di Third Life, alter ego degli avatar di Second Life e manovrati da questi, godevano ora di una esistenza più stabile della loro e più indipendente da quella delle persone in carne ed ossa, proprietari dei loro proprietari. Ma le azioni dei cosiddetti avatar2 propagavano i loro effetti a ritroso tra i livelli, e accadeva qualcosa di strano. Già la prima release esibiva alcune conseguenze indesiderate. Le tramissioni incrociate predilette dagli avatar2, ad esempio, pur essendo indistinguibili dal tipico spam se non dal rumore puro, mostravano senza dubbio di avere per essi un valore, o di risultare in qualche modo una necessità di comunicazione legata all’esistenza stessa di Third Life; il fatto era che pur viaggiando in un mondo doppiamente virtuale erano tuttavia eventi di un sistema informatico distribuito e spostavano segnali attraverso gli host fisici, sovraccaricando il sistema. Nel complesso, poco dopo l’apertura di Third Life si rilevava per SL un incremento impressionante nel consumo totale di energia, di tempo macchina dei server, di memoria e di banda, in dimensioni che nessuno si attendeva. Seppure ancora contenuto, era inequivocabile il comportamento di un virus maligno. Un virus di un genere del tutto nuovo: nessuno l’aveva progettato come tale, al contrario, doveva essere l’apoteosi di SL.
Crabe sogghignava imperturbabile. E lavorava senza sosta alla guida di un manipolo di programmatori-filosofi volontari. Pochi mesi dopo prometteva in tempi brevi la nascita di Third Internet, l’internet di Third Life. Era chiaro ormai che ciò serviva ad altro: costruirvi dentro una computer wonder che cominciava a sfidare la capacità di interpretazione del virtuale e a confondere sul serio le menti: Fourth Life, la Second Life di Third Life.
A questo punto Newancer mangia la foglia. Cerca di adulare Crabe offrendogli l’improbabile nomina di ambasciatore di SL presso la Santa Sede, declinata con un cortese eloquente sorridente gesto; la mette sul piano della performance artistica, associando Crabe a Jorge Luis Borges, il cieco aedo argentino che nel Novecento più di tutti aveva giocato sull’indecifrabile confine tra realtà e sogno in pagine di estrema raffinatezza concettuale e stilistica. Nell’opera di Crabe al sogno viene fatto corrispondere il virtuale; ma da Newancer ci tengono a sottolineare che il loro non è affatto un sogno, Second Life è qualcosa di assolutamente reale come lo è per milioni di persone, «come sono reali il tempo e i soldi che ci spendono dentro, perché vogliono farlo». Così l’ufficio stampa.
È proprio quello che aspettava Crabe. In una TED Conference di pochi giorni dopo prende la palla al balzo e cambia tono all’improvviso: «Sono d’accordo con quei signori, il virtuale è realissimo. Per questo è un rischio concreto. Non c’è contraddizione. Virtuale non è l’opposto di reale, virtuale è l’opposto di fisico.» Mostrando il suo antico volto, rivela il suo vero intento: una progressione mistica, una sorta di ascesa sciamanica lungo la scala dei livelli di virtualità che ha portato alla luce con Third Life e Fourth Life. Una salita al cielo, oppure una discesa agli inferi? Non lo sappiamo ancora. Quello che Crabe sta facendo è costruire un labirinto ricorsivo di mondi, una vertiginosa prospettiva di matrioske elettroniche, un gioco frattale di specchi che come un cannocchiale al contrario ad ogni giro penetra sempre più in fondo alla natura e alle possibilità dei mondi digitali. Mentre li allontana dal mondo fisico, sembra liberare gli uomini in universi immateriali meravigliosamente astratti, paradisi raggiungibili in cui possano non essere più schiavi delle angustie di natura; invece al contrario li affonda nella crescente difficoltà del loro legame con le leggi del mondo fisico, dell’ineluttabile dipendenza dai limiti. Dunque torna in grande stile il tema più caro a Crabe: la contestazione della simulazione. Secondo il suo pensiero, come è noto, esiste un eccesso di simulazione: un serio pericolo, in quanto inaridisce la complessità delle percezioni del corpo, fa perdere il senso dei suoi confini. E come egli dice, «sentire è sempre sentire attraverso confini. Niente confini uguale niente più sensazioni. Morte termica.»
100th Life porta l’attacco fino alle estreme conseguenze, perché è chiaro che Crabe non è uno da mezze misure. Com’è chiaro che quella da lui inaugurata è anche un’avventura intellettuale sconvolgente, senza precedenti, che potrebbe condurre l’Ulisse delle code lands oltre una soglia di non ritorno. Crabe aveva dichiarato tempo addietro: «L’industria e la ricerca continuano decise, imperterrite, in una direzione fissa: creare sempre più simulazioni, e sempre più simili al vero. Nessuno si sogna più di metterla in discussione. Ormai sono decenni che va avanti così. Il mercato dei personal media si basa su questo, spinge la macchina a tutto gas, col volante bloccato e l’acceleratore inchiodato a tavoletta. Niente freni. Impossibile invertire la marcia.» La sua missione 100th Life non riuscirà forse a invertire la marcia, ma di certo è un tumore che cresce dentro SL e allo stesso tempo dentro la coscienza dell’uomo contemporaneo. Uno di quei gesti estremi e solitari che sono forse i soli capaci di ricreare il senso della misura.
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